Bye bye Matteo Renzi: la nave affonda, e scappano anche i topi

Nessuno regge più parlata e stile del ducetto, anche gli yes men lo mollano: Rondolino, Velardi, Chiamparino, Sala, 'Il Foglio', Franceschini.

Guardo su Facebook la tua rassegna stampa. Ascolto sempre le stesse parole, espressioni, esempi, calembour. Risento per la millesima volta che le colpe delle cose che non vanno sono dei governi precedenti il tuo, che invece su altri piani “adesso si vedono i risultati del nostro lavoro” (con l’aggiunta di rito del “ma non basta”), mi infastidisco per quell’insopportabile intercalare anni ’80 del “ragazzi”, per il sindaco di turno da blandire come tutti “i sindaci che combattono bla bla”, e poi sto cazzo di bonus giovani, e l’umano dramma della ciclista, e altre dieci banalità.

 Per poi sentire – andando al merito – la difesa dell’ignobile codice Antimafia, sia pure con la vaga promessa del cambiamento della legge alla Camera. E, in conclusione, l’inascoltabile sermoncino conclusivo, un classico del renzismo depresso: “Però basta parlare del Pd come ne parlano i giornali, io voglio invece parlare di lavoro, di casa, mamme, giovani, etc…”. Il tutto dopo averci propinato per mezz’ora le minchiate dei giornali.

Matteo, non ti si può più ascoltare. Devi cambiare linguaggio se vuoi tornare a parlare all’Italia. E per cambiare linguaggio devi cambiare testa. Devi dire COSE NUOVE IN UNA NUOVA LINGUA. Devi metterti a studiare invece di agitarti freneticamente pensando solo a giornali e colleghi di partito (perché sei tu che pensi ossessivamente solo a loro!), devi riflettere sul mondo che continua a cambiare, mentre il tuo orologio biologico è drammaticamente bloccato al 4 dicembre 2016 (e non voglio pensare alla discussione che si aprirà sul tuo libro, e sulle polemiche tutte rivolte all’indietro che dovremo sorbirci). Altrimenti all’appuntamento con il 2018 ci arriverai sfiancato come un vecchio ronzino.

Poi i puristi della politica – come il mio amico Minopoli oggi sul Foglio – possono continuare a dirti che basterebbe il ritorno del Renzi di una volta, quello che parla ai 10 liberal-liberisti italiani (tra cui il sottoscritto, sia chiaro), perché le cose si rimettano a posto. Non è così. Il problema non è se parli a destra o a sinistra, se sei più o meno moderato. Il problema è che tu devi cambiare dentro, e rapidissimamente. Te lo dico perché ti voglio bene.

Fonte: https://claudiovelardi.com/

Molti commenti al pezzo di qualche ora fa, al punto che presuntuosamente torno sul tema e cerco di spiegare meglio che cosa intendo dire. Prima, però, dedicando qualche riga a tre categorie di commentatori:

a quelli che dicono: ecco, c’è arrivato anche Velardi, avevo ragione io a dire che Renzi è una pippa. No, caro il mio signore del “senno del poi”. Avevi torto prima, perché Renzi è stato un dirompente fattore di modernizzazione della politica italiana e ha fatto ottime cose governando. Tu hai sbagliato prima a non capirlo. E continui a sbagliare ora, sognando di consumare una misera vendetta postuma;

a quelli che dicono: bisogna difenderlo a tutti i costi, è sotto tiro da parte di tutti. Sbagliato, non ci si difende chiudendosi nel fortino sotto assedio, ma andando in cerca di nuovi varchi;

infine, a quelli che dicono “ecco Velardi che scende dal carro, va sull’altra sponda, etc…”, non ho niente da dire. Purtroppo certi commenti sono il pedaggio che si paga in rete, dove – come nel mondo reale – pascola una certa quantità di scemi.

Veniamo al punto che mi interessa approfondire. In molti dite: va be’, ma che cosa dovrebbe fare? Provo a sintetizzare:

che lui torni compulsivamente sulle cose buone fatte dal suo governo non serve. Il giudizio è consegnato inesorabilmente al passato. Avrebbe potuto giocarsi la carta solo legando fortemente i suoi tre anni con il governo Gentiloni, per poter dire a fine legislatura: ecco che cosa abbiamo fatto insieme in  quattro anni. Non lo ha fatto dopo il 4 dicembre, ora i mille giorni – come dire – restano agli atti. Quelli che ne pensano bene, manterranno la loro opinione. Pure gli altri, purtroppo;

dovrebbe contribuire con lealtà a concludere al meglio il lavoro di Gentiloni (che fine ha fatto il punto settimanale tra partito e governo?) e parallelamente mettere su un nuovo programma (l’espressione non mi piace affatto, ma pure era stato annunciato). Una cosa totalmente nuova, perché da sei mesi a questa parte molto è cambiato, nel mondo, in Europa e – naturalmente – in Italia, con il fallimento delle riforme. Un programma con nuove cose da fare nella prossima legislatura, una nuova agenda, nuove parole d’ordine. Per fare tutto questo Renzi dovrebbe:

dedicare molto tempo allo studio, per mettere a punto nuove idee;

per il resto del tempo, costruire – questione cruciale – la classe dirigente da presentare all’appuntamento elettorale. Quindi lavorare sul partito;

di conseguenza – di norma – tacere. Parlare solo quando ha da dire cose nuove, e di peso.

Semplice, tutto sommato. Semplice, naturalmente, se Renzi “cambia dentro”, ho detto. Cioè se metabolizza la grande sconfitta del 4 dicembre, capisce razionalmente che è cambiato tutto da allora, e si colloca – emotivamente, umanamente – su una nuova lunghezza d’onda. Questo cambiamento profondo sembra impossibile; per molti non si cambia in profondità a 40 anni e passa. Io penso che non sia così. Se sei sufficientemente intelligente (e Renzi lo è) e pacificato con te stesso (questo non so dire quanto lo sia), puoi cambiare in qualunque momento della tua vita. E questo è tutto, secondo me. Con la immutata, testarda speranza che Matteo Renzi ce la faccia.

LA CORSA AD ABBANDONARE MATTEO

di Antonello Caporale

Fonte: ‘Il Fatto Quotidiano

Non è bello partire dall’ ultimo che fa le valigie, anche perché ha promesso che ritornerà. Solo che Tommaso Nannicini, la mente economica del renzismo, si imbarca tra due settimane per l’ America.

Il 17 agosto è atteso ad Harvard per un lungo ciclo di lezioni, e solo Dio lo sa con quanta felicità scappa. Senza voler approfondire temi di pertinenza dei geologi, il costone sul quale issava la bandiera Matteo Renzi sta scendendo a valle con una velocità stupefacente ed è assai simile, per gravità dello smottamento, a ciò che accadde il 15 febbraio di 7 anni fa a Maierato, piccolo comune calabrese, che sprofondò nelle viscere per colpa dell’ argilla che lo sosteneva.

Va via Nannicini, ed è andato via Filippo Taddei, per età e competenze un pari grado (John Hopkins University) che amaramente ha constatato tempo fa: “Lascio con rimpianto, abbiamo commesso troppi errori”.

L’ Italia divora i migliori.

Nell’ attesa di capire se Matteo fa parte degli ottimati, è necessario – per dovere di cronaca – illustrare quella che appare una diserzione bella e buona.

A giorni esce “Avanti”, libro di memorie e resistenza attiva, ma l’ uditorio? Ora, se è nel carattere dell’ uomo che un Vincenzo De Luca bolli come “strafottente” l’ ex premier e forse amico, e l’ unica cosa bella che ricordi è la di lui moglie Agnese, fa un certo effetto sapere che anche il sindaco di Milano Beppe Sala , volendo restare in rima, lo giudichi “indisponente”. Niente al confronto del colpo ferale di Giuliano Ferrara (Royal Baby, do you remember?) che arriva a intimargli: Renzi si rassegni ad essere un altro Renzi.

Qui siamo nel campo della trasfigurazione bella e buona, nella proiezione inversa della personalità. Ferrara ci sta dicendo che è rimasto vittima di un gigantesco qui pro quo, e senza la ruvidezza della sua penna entusiasta e devota, anche Ezio Mauro – che alla vigilia dell’ entrata in campo appariva comprensivo e solidale – ha dovuto vergare su Repubblica, non certo da ieri, l’ infausta diagnosi: Populismo al potere. Senza contare Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere: insopportabile antipolitica.

Viene giù il pilastro ideologico, il senso ultimo della battaglia dei mille giorni, del governo ottimista e un po’ di sinistra, un po’ di centro e un po’ anche di destra.

 

Un vuoto, come fosse appunto l’ argilla di Maierato. “Serve un mediatore che rottami la rottamazione”, ha scritto Claudio Cerasa , per dire che la partita è finita e Matteo può accomodarsi negli spogliatoi. Meglio, per il Foglio, un analgesico: cioè Paolo Gentiloni. Avremmo già detto tutto, sarebbe già finita qui la somma gigantesca delle diserzioni se briciole di cronaca non segnassero ulteriori lesioni al corpus renziano. Possiamo dimenticare che Alessandro Baricco , il tutor letterario della Leopolda, il contapassi narrativo, ha pure deciso – in tema di storytelling – di invitare alla sua scuola Holden due manager della comunicazione di Chiara Appendino?

Come si vincono le elezioni.

Case history. Adesso persino Vladimiro Crisafulli , prima dalemiano e poi renziano, è tornato a dire che “ci serve un D’ Alema”. “Caro Renzi cambia mare se vuoi restare capitano”, gli scrivevano tempo fa su Repubblica Sergio Chiamparino e Beppe Sala.

Mare mosso, e le onde furono avvistate pochi giorni dopo il referendum del 4 dicembre quando alcuni sottoscrittori del Sì, presenze importanti e pistole fumanti dell’ ultima ora, chiesero sommessamente di chiudere la pagina web su cui la loro firma ancora compariva. Romano Prodi e Gianni Cuperlo , Roberto Benigni e Michele Santoro si trovarono a disagio. Pensiamo a Cuperlo: ha perso sia mettendosi contro Renzi che insieme a lui.

Basta un Sì o è necessario una consulenza psicologica?

Delle ore attuali meglio non parlarne. La drammatica disfida con Dario Franceschini che cinque settimane fa annunciava elezioni in autunno con il proporzionale e oggi chiede un sonnifero per Renzi, un trasporto urgente verso la sua Rignano.

L’ Italia divora i migliori?

Dal punto di vista di Franceschini sembrerebbe di no.

Quando Dario liquidò Enrico Letta lo fece per il Paese, e così adesso, oggi che il segretario non comprende l’ essenziale, cioè l’ alleanza a sinistra, il ministro è pronto a fare il bis per servire la Patria.

Ma chi gli rimane? A quale ministro Renzi può confessare i suoi dolori e anche spiegare l’ ottimismo della volontà, la tenacia con la quale cerca la rivincita? La Boschi non è più ministro, ma forse non è nemmeno tanto tanto amica. Delrio off limits, Lotti super intercettato, Calenda fuggitivo. Anche la coppia social meglio assortita, i fidati brothers Velardi&Rondolino hanno gettato la spugna. Sparito persino Stefano Esposito , ex pitbull torinese. Resta Michele Anzaldi, certo, poi Matteo Richetti, ma con qualche distinguo. Infine chi?

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1 commento

  1.   

    Si è rivelato per quel che è  un autentico coglione. basta leggere le ultimesue dissertazioni. sui migranti parla come salvini..questo di per sè è un bene… solo che salvini è da anni che lo sostiene fra l’ilarità di molti compreso  il coglione. altra trovata.. per fini  elettorali..  abbasso le tasse ma l’europa deve farci sforare al 2,9 del rapporto pil deficit. qualcuno dei suoi addirittura il 4. che vuol dire diminuisco le tasse ma aumento il debito. una trovata da fallito quale è lui e il suo partito. non sapendo che solo lìaumento probabile de tassi di un solo punto comporterebbe 20 miliardi di spesa. tanto a lui non frega nulla pur di consrvare il posto per lui e la sua cricca