Eni, tangenti in Nigeria: Procura chiede rinvio a giudizio per Descalzi e Scaroni

Secondo l’accusa la tangente ammonterebbe a $1,3 miliardi, versati in massima parte da Eni e in piccola quota dal socio Shell. Il tutto sul conto corrente del governo …

Secondo l’accusa la tangente ammonterebbe a $1,3 miliardi, versati in massima parte da Eni e in piccola quota dal socio Shell. Il tutto sul conto corrente del governo nigeriano aperto presso JpMorganChase.

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La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio dell’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, dell’ex presidente, Paolo Scaroni, e di altri dieci persone fisiche, tra cui diversi manager e mediatori incluso Luigi Bisignani, e di due enti (Eni e Shell) per la vicenda delle tangenti versate secondo l’ipotesi accusatoria all’ex governo nigeriano per ottenere i diritti esclusivi di sfruttamento di un giacimento, uno dei più grandi dell’Africa, il cosiddetto Opl 245.

Gabanelli: “L’unico dato certo è che Eni ha pagato $1 miliardo e 92 milioni, bonificati su un conto Jp Morgan”

Secondo l’accusa la tangente versata ammonterebbe a circa 1,3 miliardi di dollari di cui 1,092 miliardi li avrebbe versati Eni e altri 200 li avrebbe versati il socio Shell. Il tutto sul conto corrente del governo nigeriano aperto presso la banca JpMorganChase.

I guai giudiziari dell’Eni, tra Scaroni e Descalzi

Da questo conto il 23 agosto 2011 sarebbero partiti due bonifici da 400 milioni di dollari l’uno verso due conti correnti intestati alla Malabu, la società dell’ex ministro del petrolio nigeriano Etete.

All’epoca dei fatti Descalzi era uno dei manager Eni, è stato nominato amministratore delegato dell’azienda italiana nel maggio 2014. Il suo mandato è in scadenza ad aprile. Descalzi, difeso dall’ex ministro della Giustizia Paola Severino, è stato già interrogato due volte nell’ambito dell’inchiesta e si è sempre dichiarato innocente, respingendo ogni accusa.

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La procura di Milano ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per corruzione internazionale nei confronti dell’AD di Eni Claudio Descalzi, del suo predecessore Paolo Scaroni, della stessa Eni e di Shell e di altre nove persone nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte tangenti in Nigeria nel 2011.

Lo hanno riferito fonti giudiziarie, aggiungendo che fra gli indagati figurano allora dirigenti Eni, mediatori come Luigi Bisignani ed ex membri del governo nigeriano. Eni non è stata immediatamemnte disponibile per un commento. Agli indagati la richiesta viene notificata solo quando viene fissata la data dell’udienza preliminare. All’epoca della chiusura inchiesta, nel dicembre scorso, la major petrolifera italiana prese atto e ribadì la correttezza del suo operato.

Il titolo Eni, dopo la notizia della richiesta di rinvio a giudizio, ha ampliato le perdite a circa l’1,5%, toccando i minimi di nove settimane.

Eni e Shell sono indagate come persone giuridiche in base alla legge 231 sulla responsabilità degli enti su ipotesi di reato presupposte ascritte ai propri manager.

Ora il Tribunale dovrà fissare una udienza preliminare, nell’ambito della quale un gup dovrà decidere se accogliere le richieste della procura o prosciogliere gli imputati.

L’inchiesta dei magistrati milanesi ipotizza il pagamento di tangenti per oltre 1 miliardo di dollari per l’acquisto da parte di Eni e Shell della licenza per l’esplorazione del campo petrolifero Opl-245 in Nigeria. (Reuters)

 

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2 commenti

  1.   

    Vi sono Paesi produttori di petrolio con i quali è inevitabile dover ricorrere alle tangenti in quanto sono richieste da sempre e da tutti i governi che si sono succeduti nel corso del tempo. Sono pratiche odiose, ma indispensabili se si desidera arrivare ad un contratto di appalto per l’estrazione del petrolio. Pensate forse che le altre società petrolifere non lo facciano? Sarebbero procedure da ufficializzare e depenalizzare tranne nel caso in cui la tangente o parte di essa se la intaschi qualche funzionario, nel nostro caso, di Eni. Di cento tangenti pagate, ne salta fuori una o due, e quasi sempre perchè qualche funzionario è rimasto all’asciutto, oppure perchè si vuole far fuori la dirigenza della società petrolifera, di sicuro non per indagini esterne.