Quelli che agiscono senza chiacchiere: Israele e Cina, nuova alleanza nell’hi-tech

Costruzione di centri di ricerca congiunti sull’intelligenza artificiale, scambi di ricercatori universitari, trasferimenti di tecnologie per la lotta all’inquinamento e la protezione delle risorse idriche. Sono solo alcuni …

Costruzione di centri di ricerca congiunti sull’intelligenza artificiale, scambi di ricercatori universitari, trasferimenti di tecnologie per la lotta all’inquinamento e la protezione delle risorse idriche. Sono solo alcuni dei punti di un vasto accordo di cooperazione sull’innovazione e l’alta tecnologia siglato martedì a Pechino dal premier israeliano Benjamin Netanyahu e dal presidente cinese Xi Jinping.

Sono previsti scambi di «know-how» anche nei campi della medicina d’urgenza, dell’istruzione e dell’agricoltura, mentre proseguono i negoziati per un accordo di libero commercio sullo sfondo di un interscambio che vent’anni fa era irrisorio e oggi rasenta i 10 miliardi di dollari l’anno. La visita di Netanyahu, giunto a Pechino per celebrare i 25 anni dall’allacciamento delle relazioni diplomatiche fra Cina e Israele, fa parte di un più ampio disegno geopolitico portato avanti dallo Stato ebraico nell’ultimo decennio. Israele cerca nuove alleanze in Asia, dai giganti come la Cina e l’India alle «tigri» come la Sud Corea e il Vietnam, e usa il settore hi-tech, per rafforzare la cooperazione economica e trovare nuovi mercati per le sue start-up.

La strategia israeliana è in parte frutto delle campagne per il boicottaggio contro i prodotti israeliani in Europa e dei rapporti tesi tra il governo Netanyahu e la precedente amministrazione americana, spiega Yoram Evron, esperto di relazioni Cina-Israele presso il dipartimento di studi asiatici dell’Università di Haifa.

«Ma soprattutto c’è la consapevolezza che l’economia globale non è più incentrata sull’Occidente, quindi per un Paese come Israele, la cui economia dipende dalle esportazioni, è vitale cercare nuove relazioni», afferma Evron. Dall’altro lato, la Cina e altri giganti industriali orientali sanno di dover fare un salto di qualità tecnologico per modernizzare le economie e tenere il passo della concorrenza. Perciò suscita grande interesse il modello israeliano, che ha trasformato il piccolo Stato ebraico in uno dei maggiori poli globali della ricerca e dell’innovazione.

Cooperare su questi settori permette anche di tenersi alla larga da argomenti più sensibili, spiega Evron. Da una parte, scambi di tecnologie militari potrebbero suscitare l’ira di Washington, che rimane comunque l’alleato principale d’Israele, mentre una diplomazia mirata a intese politiche si scontrerebbe con la tradizionale impostazione filo-araba di Pechino. «Se si parte dalla cooperazione economica, si finisce per migliorare anche i rapporti politici», spiega Matan Vilnai, ambasciatore in Cina dal 2012 al 2016. «Questo è il sistema cinese: non hanno problemi a cooperare con tutti su diversi fronti». L’offensiva diplomatica israeliana in Estremo oriente sembra aver subito un’accelerazione negli ultimi mesi. Mentre Netanyahu incontrava Xi a Pechino, il presidente israeliano Reuven Rivlin, reduce anche da una recente visita in India, si trovava in Vietnam per firmare accordi per costruire ospedali e impianti di energia rinnovabile.

Fonte: La Stampa

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