Chi è Sven Mary, “l’avvocato delle canaglie” che difende Salah

Personaggio controverso e famoso, il legale belga ha difeso terroristi, pedofili, stupratori, narcotrafficanti e mafiosi. E ora il sospettato numero 1 della strage di Parigi, per cui è stato aggredito …

Personaggio controverso e famoso, il legale belga ha difeso terroristi, pedofili, stupratori, narcotrafficanti e mafiosi. E ora il sospettato numero 1 della strage di Parigi, per cui è stato aggredito martedì 23 marzo.

«Non sono un personaggio troppo amato, ma non mi interessa. Quando c’è da difendere, difendo. E se c’è da prendere qualche schiaffo meglio farlo a testa alta».

Detto, fatto: i ceffoni per il cosiddetto «Avvocato delle canaglie» sono stati recapitati pochi giorni dopo la sprezzante dichiarazione. Sven Mary, il difensore del più importante terrorista arrestato dall’Occidente da Osama Bin Laden in poi, memore forse del suo passato da speranza calcistica nelle giovanili dell’Anderlecht, sarebbe stato aggredito da uno sconosciuto ma avrebbe avuto la meglio, pur essendo un peso leggero. Temendo per l’incolumità dei collaboratori, avrebbe poi chiuso lo studio.

C’è della nobiltà nel difendere l’indifendibile ed è chiaro che Sven Mary, 43 anni, considerato tra i dieci legali più noti del Belgio, ne è consapevole. Tutta la narrativa che lo circonda, aggressione inclusa, è funzionale a dipingere un Don Chisciotte «litigioso». «Ogni avvocato con un po’ d’orgoglio lo è», ha confidato al quotidiano fiammingo De Standaard, che ne celebrava le capacità di fine giurista, esperto di procedura, tanto da riuscire a prolungare ad arte qualunque processo. Mary si inserisce in un filone che affonda le radici nel diritto ecclesiastico, con la figura dell’adbocatus diaboli, chiamato dalla Chiesa a mettere in discussione le virtù degli aspiranti alla santità. Nella cronaca ogni tanto affiorano personaggi così. Vedi Giovanni Di Stefano, il legale molisano che non si è fatto mancare nulla, dall’amicizia con la «tigre» Arkan alla difesa di Saddam Hussein e di Slobodan Milosevic. Il carnet di Sven Mary del resto è competitivo: ha patrocinato le sorti legali di alcuni tra i più noti casi di stupratori in Belgio, tra cui Michel Lelievre, complice del pedofilo Marc Dutroux, ma anche di mafiosi e grandi trafficanti di droga. Anche qui niente di anomalo, tutto rientra nel personaggio e nel suo motto: «Se qualcuno è descritto come nemico pubblico numero uno, voglio combattere questo abuso di autorità». E ci sta.

Chi ha amato Atticus Finch e crede nello stato di diritto non può né sorprendersi né scandalizzarsi per questo. Ma nel caso di Sven Mary c’è qualcosa di più. Forse solo un’ombra, un’impressione stonata. Figlia innanzitutto dell’affacciarsi tra i suoi ultimi clienti di esponenti di spicco del radicalismo islamista. Prima di Salah Abdeslam, c’era Fouad Belkacem, capo di Sharia4Belgium, movimento finito al centro del più grande processo per terrorismo mai celebrato a Bruxelles.Ma non è tutto: è sun maestro nella gestione mediatica dei casi, ma tempi e modalità del suo ingaggio restano un mistero. Il 16 marzo la polizia belga compie il blitz nell’appartamento del quartiere Forest di Bruxelles in cui vengono trovate le impronte di Salah, catturato due giorni dopo.

Ma, raccontando dettagli folcloristici della cattura del terrorista, tipo che sarebbe stato beccato per aver ordinato troppa pizza, pochi ricordano che il 14 marzo, quattro giorni prima, era circolata la voce, non smentita da Mary, che Salah lo aveva contattato per assumere la sua difesa. L’avvocato aveva detto esplicitamente che avrebbe accettato, ponendo una sola condizione, che la linea difensiva di Salah non fosse innocentista, che non dica «di non essere stato a Parigi il 13 novembre». Una condizione base che avrebbe reso, secondo Mary, molto interessante il caso.C’era già una trattativa in corso con la procura francese? Sta di fatto che dopo la cattura messa a segno dai belgi, l’avvocato del diavolo cavalca il braccio di ferro tra i pm dei due Paesi sull’estradizione. Prima si oppone, poi denuncia il procuratore di Parigi per aver violato il segreto istruttorio, infine accetta il trasferimento in Francia. Nel mezzo un altro gesto sospetto: rivelando che Salah stava parlando potrebbe aver inviato un segnale d’innesco agli attentatori di Bruxelles. Salah ora nega di averli mai conosciuti, ma loro lo citano in un file sul pc. Il diavolo si è servito dell’avvocato?

di Giuseppe Marino

Da ilGiornale

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Le prime ammissioni di Salah: “All’ultimo ho deciso di non farmi esplodere”

L’emittente belga Bfmtv ha pubblicato alcuni estratti delle deposizioni di Salah Abdeslam, arrestato a Bruxelles quattro mesi dopo gli attentati di Parigi.

SUGLI ATTACCHI DI PARIGI: nega di aver voluto farsi esplodere negli attentati del 13 novembre, dove era incaricato di colpire con altri tre kamikaze allo Stade de France. “Ho rinunciato quando ho parcheggiato l’auto. Ho posato i miei tre passeggeri, poi sono ripartito. Ho guidato a casaccio”, ha detto.

IL FRATELLO BRAHIM: afferma che il fratello Brahim (che si è fatto esplodere nel ristorante Comptoir Voltaire) sia l’elemento centrale del suo ruolo nelle operazioni legate agli attacchi di Parigi. Ripete più volte il suo nome: dice di aver “affittato delle auto e degli hotel su sua richiesta” e che “ogni volta che ha dovuto pagare cose per preparare gli attentati, il denaro veniva da Brahim”.

IL RUOLO DI ABDELHAMID ABAOOUD: il responsabile degli attacchi, dice, “è Abaaoud, lo so da mio fratello Brahim. È lui che mi ha spiegato che Abaaoud era il responsabile. (…) Ho visto Abaaoud a Charleroi la notte tra 11 e 12 novembre 2015, l’unica volta che l’ho visto in vita mia”. Tuttavia, ricorda la testata, i due erano stati condannati assieme per rapina nel 2010.

IL LEGAME CON NAJIM LAACHRAOUI: interrogato prima degli attentati di Bruxelles, nega di conoscere l’uomo, presunto artificiere della cellula parigina e morto martedì negli attacchi nella capitale belga. Vari fatti però lo contraddicono, tra cui che nel settembre 2015 Laacharoui sia stato controllato alla frontiera austro-ungherese in sua compagnia.

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L’indirizzo di Abdeslam “noto alla polizia da dicembre”

Una inchiesta interna è stata aperta in Belgio dal Comitato P, organo collegiale che monitora le attività della polizia, a seguito della notizia che le forze dell’ordine di Malines conoscessero dal 7 dicembre l’indirizzo dove a Molenbeek è poi stato arrestato Salah Abdeslam. I media locali affermano che l’informazione sia stata inserita da un agente di Malines in un rapporto confidenziale, destinato alla cellula antiterrorismo della polizia federale di Bruxelles ma mai trasmesso.

L’uomo a inizio dicembre era già stato identificato come il responsabile della logistica degli attentati di Parigi ed era ricercato in tutta Europa. Venerdì 25 marzo i ministri dell’Interno e della Giustizia belgi (che avevano presentato le dimissioni, respinte però dal primo ministro) compariranno in Parlamento per fornire spiegazioni sulle falle della sicurezza, tra cui il fatto che il Belgio avesse ricevuto dalla Turchia l’informazione che Ibrahim El Bakraoui era ritenuto un jihadista.

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