L’8 per mille compie 25 anni: distribuiti 25 miliardi, di cui 20 alla Chiesa Cattolica

Oltre 22 miliardi di euro. Per la precisione, 22.609 milioni di euro. E’ il valore complessivo di quella «piccola» percentuale di Irpef a cui lo Stato ha rinunciato …

Oltre 22 miliardi di euro. Per la precisione, 22.609 milioni di euro. E’ il valore complessivo di quella «piccola» percentuale di Irpef a cui lo Stato ha rinunciato da quando, nel 1990, l’8 per mille ha cominciato a essere assegnato. Il maggiore beneficiario è stata la Chiesa cattolica, che in 25 anni ha ricevuto oltre 20 miliardi di euro. Per la precisione, 20.213 milioni di euro, in base ai dati pubblicati dal Servizio per la Promozione del Sostegno Economico alla Chiesa cattolica.

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La storia

Era il 1990 quando l’Erario dava i fondi per la prima volta alla Cei attraverso le tasse dei cittadini, nella fattispecie 209 milioni di euro, pagati attraverso un anticipo che concede soltanto alla Chiesa Cattolica. La Chiesa Cristiana Avventista del Settimo giorno – unico altro culto ammesso sin dall’inizio — dovette aspettare tre anni per ricevere i suoi fondi. Da allora lo Stato devolve ogni anno una parte dell’Irpef dovuta sui redditi degli italiani (lo 0,8 per cento) per finanziare il bilancio della Conferenza episcopale italiana, che li utilizza per le esigenze di culto della popolazione, gli interventi caritativi e il sostentamento del clero. Con il tempo, altre confessioni sono riuscite a firmare un accordo specifico con lo Stato italiano: oggi concorrono anche le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa Valdese, la Chiesa Evangelica luterana, l’Unione delle Comunità ebraiche, l’Unione Cristiana evangelica battista, la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa, la Chiesa Apostolica in Italia, l’Unione Buddhista Italiana e l’Unione Induista Italiana. Il ministero dell’Economia e delle Finanze impiega tre anni per fare il conteggio e versare i contributi. Ogni anno, quindi, tutte le confessioni ricevono i finanziamenti relativi alla dichiarazione dei redditi di tre anni prima. Il 16 luglio saranno erogati i fondi del 2016 basati sui redditi del 2012.

Le scelte

Ma per chi firmano gli italiani? Secondo gli ultimi dati disponibili relativi ai redditi del 2011 ripartiti nel 2015 (fonte ministero dell’Economia e delle Finanze), la prima, per preferenze, è sempre la Chiesa cattolica con oltre l’80 per cento delle scelte espresse, seguita dallo Stato con il 15 per cento. Poi c’è la Chiesa valdese che ha ricevuto oltre il 3 per cento. Le altre confessioni sono sotto l’1 per cento. Dal 1997 al 2015 i valdesi hanno potuto contare su fondi complessivi pari a 219 milioni. «Il 100% delle risorse che riceviamo dallo Stato è utilizzato per sostenere iniziative sociali, culturali, educative, umanitarie in Italia e nel resto del mondo — precisa il Moderatore della Chiesa valdese, Eugenio Bernardini —. Non un euro del nostro otto per mille va alle spese per il culto, l’evangelizzazione, il sostegno ai pastori, la ristrutturazione o la costruzione di chiese. La trasparenza nella rendicontazione è massima: chiunque può leggere i resoconti di spesa disponibili sui nostri siti web istituzionali e pubblicati annualmente su testate di rilievo nazionale».

Se per le confessioni l’8 per mille è una risorsa, lo Stato italiano (che riceve soltanto il 15% delle preferenze) invece ci rimette. E per questo è stato «bacchettato» dai magistrati contabili. Nel novembre scorso la Corte dei Conti ha detto che in un periodo «di generalizzata riduzione delle spese sociali le contribuzioni a favore delle confessioni continuano a incrementarsi» e il sistema dell’8 per mille «diviene sempre più gravoso per l’erario». Nel mirino è finito il meccanismo che permette ai beneficiari di ricevere di più rispetto alla quota derivante dalle firme. Mediamente, meno del 40% dei contribuenti indica la destinazione, anche l’otto per mille di chi non firma è ripartito in proporzione alle scelte espresse da chi ha firmato. L’effetto moltiplicatore è stimato in quasi 2,5 volte. Per capirci, nel 2011 ha messo una sigla per la Chiesa cattolica il 36,7% dei contribuenti, ma i fondi assegnati sono stati pari al 79,9 per cento dell’intero gettito Irpef.

I cambiamenti

Fino al 2012, la Chiesa valdese aveva deciso di prendere solo i fondi derivanti dalle quote espresse. Nel 2013 il Sinodo ha cambiato idea. Perché? «Le risorse che dovevano essere attribuite dallo Stato a interventi umanitari e di assistenza nel mondo sono state usate sostanzialmente per far fronte a problemi di bilancio — spiega la Chiesa valdese —. Abbiamo deciso di percepire anche quei fondi per dare un contributo alla cooperazione internazionale che in questi anni si è progressivamente ridotta».

di Fausta Chiesa

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Corriere della Sera, che ringraziamo

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