Sarà meglio sfatare i luoghi comuni su invecchiamento e felicità

Avere trent’anni e sentirli tutti. Stando ai risultati di uno studio condotto da un’équipe di psicologi della San Diego State University, appena pubblicato sulla rivista Social Psychological and …

Avere trent’anni e sentirli tutti. Stando ai risultati di uno studio condotto da un’équipe di psicologi della San Diego State University, appena pubblicato sulla rivista Social Psychological and Personality Science, infatti, i trentenni statunitensi di questa prima metà del 21simo secolo sono molto meno felici rispetto ai loro coetanei degli anni settanta.

Per esaminare i trend a lungo termine della felicità negli Stati Uniti”, racconta sull’Atlantic Jean Twenge, uno degli autori del lavoro, “io e i miei colleghi abbiamo messo insieme i dati di diversi sondaggi condotti tra il 1972 e il 2014, relativi a un campione di persone provenienti da quattro diversi stati, per un totale di 1,3 milioni di americani”. Ai partecipanti allo studio, di età compresa tra 13 e 96 anni, è stata posta la stessa domanda standard sulla propria felicità: “Diresti di essere molto felice, abbastanza felice o non troppo felice?”. I risultati dell’analisi hanno evidenziato, spiegano ancora i ricercatori, un pattern che sfata i luoghi comuni su invecchiamento e felicità: le ricerche precedenti, infatti, mostravano che in generale si tende a diventare sempre più stabilmente felici man mano che si cresce, con un picco di felicità tra i sessanta e i settant’anni.

Twenge e colleghi, al contrario, hanno scoperto che il trend è significativamente cambiato nel tempo: negli ultimi cinque anni, la correlazione tra invecchiamento e felicità in età adulta è scomparsa. Gli over-30 di oggi sono meno felici di un tempo, a differenza di quello che si osserva per adolescenti e giovani adulti (sotto i trent’anni). “Una ragione”, spiega ancora lo scienziato, “potrebbe essere un declino collettivo nelle aspettative di benessere. La felicità è a volte definita come realtà diviso aspettative: uno studio, per esempio, ha scoperto che la quantità di denaro vinto con un gioco a premi, per esempio, non influenza la felicità del giocatore: quello che conta è se la posta in gioco è inferiore o superiore rispetto a quanto ci si aspetta dalle regole del gioco”. Stando ai sondaggi analizzati, oggi il 64% degli studenti delle scuole superiori si aspetta di ricoprire una buona posizione lavorativa (manager o libero professionista, per esempio) entro i 30 anni. Nel 1976, invece, la percentuale era del 48%: le aspettative sono aumentate, mentre la realtà è rimasta stabile. Le persone che realmente conquistano una buona posizione lavorativa oggi è pari al 18%, più o meno uguale rispetto a quarant’anni fa. “Con aspettative così alte”, conclude Twenge, “il calo della felicità nell’età adulta potrebbe essere un risultato inevitabile”. Buon compleanno.

di Sandro Iannaccone

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Wired.it

Tag

Partecipa alla discussione

1 commento

  1.   

    Penso che questi sondaggi o studi dovrebbero essere fatti un ogni macroregione del pianeta perché il loro risultato dipende dalle condizioni di sviluppo e quindi dalle aspettative che i giovani hanno in funzione delle possibilità economiche offerte dall’area geografica dove abitano. Ugualmente per gli anziani essere felici con una pensione di 400 euro al mese non è facile se per mettere qualcosa sotto i denti devi rovistare nei cassonetti. Se invece analizziamo la cosa in un mondo virtuale dove le possibilità sono mediamente buone per tutti allora si ricade nell’analisi psicologica dell’affrontare la vita in cui la giovinezza rispecchia l’età della speranza e quindi di una felicità “incosciente” l’età adulta rispecchia le difficoltà del raggiungimento degli obiettivi e quindi un calo di felicità “cosciente” e la terza età rappresenta l’età della rassegnazione e dell’accettazione dei risultati raggiunti, quindi una felicità “cosciente” o una disperazione altrettanto “cosciente”.