Se l’Ue si disintegra, la Germania ha già pronto piano di emergenza

Cdu e Spd studiano ricadute e soluzioni per Berlino, con l’ok della Merkel. Grecia, quote immigrati, sospensioni di Schengen e il referendum in Gran Bretagna i segnali che …

Cdu e Spd studiano ricadute e soluzioni per Berlino, con l’ok della Merkel. Grecia, quote immigrati, sospensioni di Schengen e il referendum in Gran Bretagna i segnali che hanno fatto scattare l’allarme.

Fino a un anno fa sarebbe stato assolutamente impensabile. Ora, invece, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, il governo tedesco Cdu-Spd guidato da Angela Merkel starebbe lavorando in gran segreto a un “piano di emergenza” in caso di disgregazione dell’Unione europea e ovviamente anche della moneta unica. Ufficialmente nessuno a Berlino è pronto ad ammetterlo, ma una pattuglia nutrita di deputati del Bundestag, soprattutto della Csu bavarese, sarebbero al lavoro – con l’ok della Cancelliera – per studiare come muoversi nel caso in cui la situazione precipitasse.

E gli ingredienti per il disfacimento dell’Ue (come lo chiama il politologo americano Edward Luttwak) ci sono tutti. Prima il caso Grecia, che ha tenuto impegnati i leader europei per molte notti e che si è concluso con la capitolazione di Alexis Tsipras proprio quando si era giunti a un passo dall’uscita di Atene dalla Zona Euro. Il caso dei migranti ha poi fatto esplodere l’Europa politica. Nessuna visione comune e nessuna strategia unitaria. Ogni paese si muove da solo come sulla sospensione del Trattato di Schengen (l’Austria è l’ultima in ordine di tempo). Quasi tutti i paesi dell’est si oppongono alla redistribuzione dei profughi e anche in Germania, dopo i fatti di Capodanno, monta la protesta. L’Ue non è in grado di difendere i suoi confini esterni e così i singoli stati si muovono ognuno per conto proprio. Il Parlamento europeo assiste inerme all’aggravarsi della crisi, incapace di far sentire la sua voce.

C’è poi il referendum della prossima estate in Gran Bretagna. Se davvero dovessero vincere i sì alla Brexit sarebbe, probabilmente, la goccia che fa traboccare il vaso. Oppure il detonatore di una situazione già di per sé esplosiva. Anche le polemiche aspre tra Juncker e Renzi sono il sintomo di una fase di declino dell’intera Ue. Senza contare il crescente peso dei partiti euro-scettici, da Marine Le Pen in Francia, alla Lega in Italia fino all’Olanda, all’Austria, al Belgio, alla Repubblica Ceca e all’Ungheria.

Un mix di fattori che starebbero spingendo la Grande Coalizione tedesca – in continuo calo nei sondaggi – a valutare seriamente lo scenario della disgregazione dell’intera unione. Nel piano “B” di Berlino ci sarebbe anche il ritorno al marco tedesco, da attuare rapidamente per rassicurare i cittadini, le banche e le aziende. Non siamo ancora arrivati al crollo finale del sogno europeo di Kohl e Mitterand, ma il fatto che al Bundestag si lavori a uno scenario post-Ue e post-euro la dice lunga sullo stato di crisi totale (e forse irreparabile) in cui versa il Vecchio Continente.

di Alberto Maggi

Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Affaitaliani

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