Draghi fa l’italiano: “Germania ha speso 11% del Pil per salvare le sue banche”

Ma Berlino attacca: «Unione bancaria sul letto di morte», dice Markus Ferber, presidente commissione Affari Economici Ue, uno dei leader Csu.

Che cosa pensa Mario Draghi della soluzione adottata per le banche venete? Forse che è inevitabile conseguenza di norme non ancora pienamente collaudate. Lisbona, ieri. Il numero uno della Bce è alla scuola di economia e management più importante del Portogallo per rispondere alle domande di alcuni studenti. Uno dei prescelti – all’anagrafe Tomas De Almeida Dos Santos – gli chiede conto dei 10 miliardi di euro usciti dalle tasche dei contribuenti portoghesi per salvare le banche nonostante l’entrata in vigore dall’anno scorso delle regole europee che imporrebbero di far pagare le perdite solo ad azionisti ed obbligazionisti.

Banche venete, un crack ultra-annunciato e salvataggio da 17 miliardi. Guadagna Intesa

La premessa di Draghi è significativa: «La Germania ha speso per salvare i suoi istituti l’11 per cento del prodotto interno lordo». Parla di quanto accaduto prima del 2016, ma rispetto al suo ragionamento il dettaglio non è rilevante.

Draghi fa un ampio discorso per dire essenzialmente che la normativa è buona e giusta, che è importante tenere il contribuente al riparo dalle conseguenze delle crisi bancarie, ma per raggiungere l’obiettivo gli istituti dovranno avere sempre più capitale al servizio di perdite inattese. Ciò premesso il numero uno italiano della Bce si chiede retoricamente se a quasi due anni dalla sua entrata in vigore «possiamo dire che la direttiva sulle risoluzioni è stata un successo».

Ebbene, la risposta è che «è presto per dirlo, perché molti episodi si sono sviluppati in un modo che gli autori della direttiva non avevano previsto». Sta pensando ai rischi connessi alla (evitata) risoluzione delle banche venete e a un sistema bancario in cui circolano ancora quasi 200 miliardi di bond in mano alle famiglie? Che questa sia stata la ragione che ha spinto Commissione europea e Bce a derogare al bail in è certo. Draghi sembra avere la stessa opinione, anche se non lo dice apertamente.

Il problema è che dalle parti di Berlino i giudizi sono di ben altro tenore. Le modalità del salvataggio «portano l’Unione bancaria sul letto di morte», dice Markus Ferber, presidente della commissione Affari Economici dell’Europarlamento e uno dei leader Csu. «Non ci possono essere progressi nella creazione di un sistema europeo di assicurazione sui depositi perché se le regole vengono bypassate in questo modo non ha senso continuare a discuterne».

Dopo acquisto banche venete fallite, Intesa supera Unicredit?

La pensano allo stesso modo i Verdi: «Una decisione politica che nuoce alla credibilità dell’Unione bancaria e crea le condizioni per una concorrenza sleale». Il giudizio del ministero delle Finanze è più generico, ma va nella stessa direzione: «L’uso di fondi pubblici dovrebbe essere evitato nelle procedure di fallimento». La Commissione respinge tutte le accuse: «È stato seguito il percorso previsto dalle regole e in linea con l’Unione bancaria». Alcune fonti fanno notare che secondo i calcoli fatti dalla Direzione concorrenza in caso di bail-in il risparmio per le casse pubbliche sarebbe stato di appena un miliardo di euro, mentre l’impegno dello Stato a copertura delle garanzie dovrebbe fermarsi a tre miliardi su un totale di dodici.

La Commissione respinge anche i paralleli con il caso del Banco Popular: «Totalmente diverso per dimensioni e tipologia del mercato, non si trattava di banche sistemiche» e proprio per questo è stata possibile la liquidazione ordinata. Il salvataggio non costituirà un problema per i conti pubblici italiani: l’aggiustamento strutturale richiesto non risentirà dell’iniezione di capitale. A Bruxelles citano la lettera del 2013 dell’ex commissario Olli Rehn che considera queste somme “una tantum”. Ciò detto Bruxelles si attende «dimostrazioni tangibili» che le due banche venete spariscano «non solo giuridicamente, ma anche nella pratica».

Fonte: La Stampa

Zona euro, Draghi: economia migliora ma stimolo Bce ancora necessario

La zona euro ha ancora bisogno di un “considerevole” sostegno monetario da parte della Bce anche se la sua economia migliora in maniera stabile e l’inflazione è in risalita.

Lo ha detto il presidente della Bce Mario Draghi, intervenendo al forum annuale della banca centrale sulla politica monetaria, che si tiene a Sintra, in Portogallo.

“Tutti i segnali ora indicano una ripresa in rafforzamento e allargamento nella zona euro. Le forze deflazionistiche sono state rimpiazzate da forze reinflazionistiche” ha affermato Draghi. “Tuttavia un considerevole grado di accomodamento monetario è ancora necessario affinché le dinamiche inflazionistiche diventino durature e auto sostenibili”.

Il numero uno della Bce ha spiegato che la dinamica dell’inflazione resta al momento più debole di quanto ci si sarebbe potuto aspettare, a causa di fattori principalmente di carattere temporaneo.

Ogni futuro processo di revisione della politica monetaria, ha poi ribadito Draghi, sarà comunque graduale.

 

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1 commento

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    A Draghi vorrei chiedere : ma ci sei o ci fai? Perchè in ambedue i casi lo fai male. Voglio dire che se deve darcene a bere un’altra non può pensare che proprio tutti i “magna e desmentega”italioti non ricordino la tiritera del monti pensiero e seguaci che il  nostro sistema bancario è il più solido del pianeta e che le nostre banche son tutte sane tant’è che vedete manco chiediamo un centesimo alla bce ladrona per sanarle. Ormai nemmeno alla fiera paesana ci cascano col trucco dei pacchi, resiste è vero ancora in tivvù, ma chi lo guarda? o meglio chi ci crede? Diciamo che come frottola va di pari passo con quella della spending review per sanare-frenare-diminuire il debito, che invece sale alla velocità della luce che se per gli esperti questo è l’effetto spending review meglio sarebbe affidarsi alle chiromanti.